Bruno Gondoni nasce a Ravenna il primo Gennaio del 1901. Era solito scherzare sulla sua data di nascita e quando gliela chiedevano rispondeva divertito : ”Sono nato l’uno, uno, dell’uno!”. Di famiglia povera viene avviato al lavoro in un calzaturificio per guadagnarsi il pane e dare un contributo alla famiglia. Ma nel futuro del giovane Gondoni non ci sono solamente il lavoro e la fatica di vivere, perché Bruno è un ragazzo intelligente e sensibile cresciuto in una famiglia sana, con il padre mazziniano dalle idee progressiste e una madre quasi analfabeta ma dotata di una viva intelligenza. Ma lo spiritello del teatro probabilmente gli era stato trasmesso per via genetica dal fratello di sua nonna, il famoso burattinaio Carlì, che si scriveva le commedie da solo. E anche uno zio di Gondoni scriveva commedie e le rappresentava. Il che è come dire che buon sangue non mente. Il primo segno concreto della sua passione per il teatro emerge nel 1924, quando Gondoni dà vita, assieme ad altri, alla Compagnia Città di Ravenna, prima compagnia filodrammatica romagnola, che ebbe come direttore Arturo Cellini. Gondoni, che nel 1932 ne diventerà direttore assieme a Giuseppe Pasi Nivellini, è un attore che non lascia nulla all’improvvisazione, ma studia con scrupolo le parti per entrare completamente nei personaggi che porta sulla scena. Terminata la seconda guerra mondiale e dopo aver interpretato i classici del nostro teatro da Guberti a Missiroli, da Maioli a Marescalchi, Gondoni avverte il bisogno di rinnovare il teatro romagnolo,salvandone le radici ma dandogli una veste più seria e più aderente alla vita di tutti i giorni. Gondoni scrive la sua prima commedia nel 1948, “L’è turné Toni”, alla quale ne seguiranno altre ventiquattro; ma è con “La broja” che la sua opera subisce una svolta decisiva perché esprime il radicale passaggio da un teatro di semplice tradizione ad un teatro caratterizzato da un forte impegno sociale. L’ultima commedia, “La fabbrica”, è del Luglio 1976 ed ha tutto il sapore del cerchio narrativo che si conclude. Un mese dopo, il 2 Agosto 1976, Bruno Gondoni moriva. Lavorò dunque fino all’ultimo, con grande lucidità, ma soprattutto con la consapevolezza di aver lasciato in eredità alla sua gente un teatro che avrebbe fatto divertire ma anche meditare sui grandi valori della vita nei quali Gondoni credette con tutto se stesso.
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