SULL’IMPORTANZA DEL RUOLO DEL REGISTA

 

Un discorso sulla regia si potrebbe iniziare in questo modo: c’era una volta il capocomico…,  ma così facendo si tornerebbe indietro. Non troppo in verità specialmente se il nostro sguardo odierno si deve soffermare sul teatro dialettale (in dialetto, per meglio dire). In certe compagnie, poche in verità, registriamo ancora, di fatto, l’esistenza di un surrogato di questa figura. La maggior parte delle compagnie di recitazione oramai si affida alla figura classica del regista come elemento che ha le capacità predisporre, organizzare, orchestrare, inquadrare un lavoro scenico. Il regista: colui che dopo prove e prove (ahi, quanto pesano queste inevitabili prove! ) avverte che il lavoro attorno al quale ci si sta adoprando ha raggiunto la necessaria fluidità. Oppure, più sconfortante, sente che la cosa ancora non funziona come si vorrebbe. A dire il vero questo modo di intendere la regia non è proprio il massimo che qualifica il ruolo stesso perché col maturare dei tempi le funzioni di coordinamento sono state soppiantate dalla possibilità che si presenta al regista di operare anche sul versante creativo. In alcuni frangenti il regista si può rivelare anche drammaturgo e questo avviene allorchè alcune porzioni di testo sembrano non “rispondere” ai suoi intenti (attenzione alle rotte di collisione con l’autore). Ma un regista a tutto tondo non può esimersi dal trattare anche scenografie, costumi, luci e musiche. Questo è il lato culturale, a mio avviso, che il ruolo del regista deve sapere esprimere, poi deve presentare una parte relativa alle abilità tecniche-umane non comune. Bravo è quel regista che non si lascia dominare dagli eventi e per questo sa dialogare con gli interpreti convincendoli sul fatto che sia migliore un certo movimento, o atteggiamento, piuttosto di un altro guidato in questo da credibili considerazioni personali. Complicato? Fuori portata per il nostro ambiente dialettale? Non direi. Certo che il ruolo di regista non è da tutti. Questo teatro in dialetto esprime registi all’altezza dei compiti? Io dico di sì. Più di uno. Battistini, Buratti, Mazzoni, Tura per nominare solo alcuni “mostri sacri” (in rigoroso ordine alfabetico). I tempi dell’improvvisazione in campo recitativo si vanno emarginando. Fino a qualche tempo fa (legger per questo le note critiche di Icilio Missiroli contenute nel suo volume “un cronista per tutte le stagioni”) si andava comunque in scena, ora non è più così: se manca il placet della regia non se ne fa niente. Potenza della regia.

 

Giorgio Barlotti