IL FATTO

Sabato 17 novembre 2001 presso il teatro “Il Piccolo” di Forlì  il gruppo teatrale

LA CUMPAGNI’ DLA ZERCIA ha tenuto una spettacolo in dialetto – la commedia “La sumara ad Tugnara” di G.Spagnoli e P. Maltoni per la regia di Claudio Tura – per nove classi del liceo scientifico di Forlì.

 

IL COMMENTO

Il teatro ha stupito ancora: è riuscito a radunare e interessare più di duecento ragazzi , di età compresa fra i 15 e i 17 anni, facendoli assistere ad una commedia . Tutto qui? Di per sé non sarebbe una gran cosa se non fosse per il fatto che si è trattato di una  rappresentazione in dialetto, lingua ritenuta dai più particolarmente ostica ai giovani nonché sulla via d’estinzione.

L’avvenimento è stato prima concepito e poi “consumato” in ambito scolastico per merito di alcune insegnanti del liceo scientifico di Forlì.

L’occasione ha permesso così di impostare una specie di doppia verifica: il dialetto riproposto ai giovani come lingua e il dialetto nella scuola.

L’esperienza non si presentava priva di incognite poiché il binomio giovani-dialetto, a detta di tutti, ha esaurito il rapporto armonico di un tempo. La scuola poi, portatrice della cultura (letteratura) ufficiale, non mi sembra si sia mai prestata in maniera significativa alla valorizzazione del dialetto.

La risposta che si è manifestata è risultata stupefacente. Ragazzi ed insegnanti – per lo più di materie letterarie- sono usciti da questo incontro affascinati dalla forza espressiva e dalla comunicativa che hanno riscontrato nella recita.

I ragazzi sapevano di poter contare sulla familiarità che hanno con vari frammenti sonori di parlata dialettale – ma pur sempre frammenti e per di più, a volte, distorti – ben presto si sono resi conto che dai frammenti sonori si può comunque comporre una sinfonia cioè una storia comprensibile, verosimile, coinvolgente e con caratteri che, a ben vedere, sono ancora rintracciabili in certi componenti familiari.

Gli insegnanti non pensavano che un testo dialettale potesse esprimere una validità filologica quale si è manifestata nell’occasione.

Potenza del teatro. Potenza del dialetto.

Del teatro si sapeva, sul dialetto si poteva sperare. Trarre conclusioni da questa esperienza sarebbe semplicistico ed azzardato tuttavia non posso non rimarcare il sincero e genuino stupore e la piena partecipazione che ho riscontrato in duecento ragazzi, martellati giornalmente da ben altre situazioni, virtuali e non, di fronte alla rappresentazione di una vicenda umana raccontata con l’ausilio di uno strumento sonoro per loro desueto, il dialetto.

Questi ragazzi di storie ne  “consumano”  tante, al cinema alla tivù, ma questa aveva un sottofondo diverso:  la parlata dialettale che ha loro permesso di cogliere aspetti e sensazioni diversi dal solito poiché provenienti da sorgente diversa da quelle che normalmente li circondano. In questa funzione il dialetto costituisce un arricchimento culturale e un ruolo nobile lo può ancora svolgere.

La partita si gioca sul piano dei contenuti ma, ne sono convinto, si può ancora giocare. Soprattutto se la scuola si dimostra disponibile ad offrire momenti di collaborazione come quello che noi abbiamo vissuto e descritto.

Vediamo di utilizzare le occasioni per il verso giusto.

 

 

                                                                                         Giorgio Barlotti           Novembre 2001